Il Centro di Dadò ha un candidato dell'orgoglio per riprendersi il Senato

Uscito bene dalle cantonali, il Centro (ex Ppd) si prepara per le elezioni federali. Al Nazionale l’obiettivo è mantenere i due seggi. Agli Stati c’è qualcuno che potrebbe riconquistare il seggio perso da Lombardi? Regazzi, Dadò... o un mendrisiense?

Il Centro, ossia l'ex Ppd, è il partito di Governo che si avvicina alle elezioni federali con più tranquillità, a differenza degli altri tre partiti presenti nell'esecutivo cantonale, ovvero Ps Ticino, Plrt e Lega, che, chi più chi meno, sono usciti con le ossa rotte dalle elezioni cantonali. I socialisti alle elezioni per il Consiglio di Stato hanno il risultato peggiore di sempre, il Plrt ha perso 2 seggi in Gran Consiglio e la Lega addirittura 4 seggi in Parlamento. L'ex Ppd ha marciato sul posto, perdendo qualche scheda in rapporto al 2019, ma mantenendo le stesse percentuali sia per l'Esecutivo che per il Legislativo.

 

In questo contesto il Centro di Fiorenzo Dadò ha tenuto bene e se i vertici di Plrt, Ps e Lega sono rimasti al loro posto dopo la batosta elettorale delle cantonali di aprile 2023 (visto che il nuovo sport cantonale è quello di rimanere in sella dopo le sconfitte elettorali!), Dadò può gestire e guidare il Centro verso le elezioni federali con più tranquillità e meno malumori interni rispetto ai suoi colleghi liberali, socialisti, leghisti.

 

Per Dadò ora l'obiettivo è mantenere il secondo seggio in Consiglio nazionale (dove il mendrisiense Marco Romano non si ricandida) e subordinatamente tentare di riconquistare il seggio al Consiglio degli Stati perso da Filippo Lombardi nel 2019 a favore della socialista Marina Carobbio.

 

Per il Consiglio degli Stati la prima scelta è l'attuale consigliere nazionale Fabio Regazzi, che non è propriamente un “dadoista" (infatti nella corsa per la presidenza del Ppd di qualche anno fa sostenne il rivale di Fiorenzo Dadò, ossia Filippo Lombardi, che nonostante fosse senatore di lungo corso e presidente ad interim, a Sant’Antonino, sei anni fa, perse la corsa per la guida del partito contro il granconsigliere valmaggese. E questo la dice lunga su quanto il "Pippone" sia amato all'interno del Ppd, che, anche se divenuto Il Centro, rimane, in Ticino, il partito che era).

 

Regazzi, da buon cancerino, tergiversa da tempo se candidarsi o meno.

Gli altri nomi per il Senato sono quelli di Lombardi (che sarebbe più o meno una minestra riscaldata), Paolo Beltraminelli (non propriamente un "dadoista". Ci sarà pure una ragione per cui l'attuale consigliere di Stato è De Rosa e non Beltraminelli) e, ipotesi molto remota, un ritorno di Giovanni Jelmini, molto amato all'interno del suo partito, ma che la sorte, sia nel 2011 e ancora di più nel 2019, non ha aiutato.

 

Infine, sempre per il Consiglio degli Stati, potrebbe candidarsi proprio il presidente valmaggese, che, nonostante non abbia mai ricoperto cariche elettive più importanti del Gran Consiglio, noi diamo come il favorito (dopo Regazzi) per la corsa al Consiglio degli Stati.

 

Infatti, prassi vuole che in Ticino per i due posti al Senato di norma vengano eletti un candidato/a più di centrodestra e uno/a più di centrosinistra, un candidato/a sottocenerino e uno/a sopracenerina. Certo, c'è stata anche la parentesi Salvioni (Plrt-Locarnese) e Morniroli (Lega-Locarnese), nella legislatura 1991-1995 (ma poi è normale che alle elezioni cantonali del 1995 la liberista luganese Marina Masoni entra in governo in carrozza, quando è troppo è troppo).

 

Sta di fatto che negli ultimi 50 anni, il Consiglio degli Stati ha quasi sempre avuto per il Ticino un senatore più di centrodestra e uno di centrosinistra (a volte l'esponente di centrosinistra era pipidino, come Camillo Jelmini, che aveva come collega il "destroide" liberale Franco Masoni, altre volte il centrosinistra era Plrt, come con Dick Marty, con il pipidino Lombardi che allora andava in via Monte Boglia a cercare i voti).

 

Alle ultime elezioni federali del 2019 l'elettorato ticinese ha voluto maggiormente estremizzare la ripartizione del Consiglio degli Stati, eleggendo non più un candidato di centrodestra, bensì di destra, come il democentrista Marco Chiesa, e di riflesso eleggendo non più un candidato di centrosinistra, ma di sinistra, come la socialista Marina Carobbio. La storia di questo Cantone è questa. Il resto sono voli pindarici (come pensare di eleggere due “destroidi” o due “sinistroidi”)!

 

Il candidato in pectore dei liberali per il Consiglio degli Stati, Alex Farinelli, da tempo si sta riposizionando politicamente come non più esponente della destra liberale luganese (ruolo che ha lasciato volentieri a Rocco Cattaneo), ma come politico moderatamente di destra, con qualche spruzzata “green” e “social”. Ma Farinelli proviene pur sempre dalla "scuderia" di Toto Martinenghi, Aldo Pessina, Marzio Mazzoleni, Ivan Weber, …  Dunque sarebbe più in linea con la storia di questo Cantone che andasse a prendere il seggio occupato da Marco Chiesa, invece che quello vinto nel 2019 da Marina Carobbio.

 

In politica tutto è possibile, ma non per forza probabile. Al secondo turno per l'elezione del Consiglio degli Stati (novembre 2023) qualcuno pensa che veramente si possa fare il colpaccio di eleggere due esponenti di destra/centrodestra e per di più entrambi luganesi, come lo sono Chiesa e Farinelli? E i voti raccolti al primo turno dal socialista Storni e dalla verde Gysin dove andranno al secondo turno? Rimarranno tutti a casa, affranti e depressi, e lasceranno campo libero a Farinelli e Chiesa?

 

Ecco perché un Dadò come candidato del Centro non sarebbe da sottovalutare. Più centrista di Farinelli (e di Regazzi), già sostenitore dell'iniziativa Minder sulle retribuzioni dei manager (e quanto tornerà di attualità quel tema, dopo il crack Credit Suisse, alle elezioni federali!) e soprattutto sopracenerino (l'altro sopracenenrino, il socialista Bruno Storni, ha veramente scarse possibilità).

 

Ma l'ex Ppd avrebbe ancora un nome migliore per il Consiglio degli Stati di quello di Fiorenzo Dadò, anche se sottocenerino, ma mendrisiense (distretto molto trascurato sia al Senato che all'esecutivo cantonale): il cristianosociale Giorgio Fonio.

 

Giorgio Fonio è inviso ad una parte importante del Centro, ma sarebbe un candidato per il Consiglio degli Stati che sorprenderebbe anche di più di quanto ha sorpreso Raffaele De Rosa nel 2019 nella corsa per il Governo cantonale (e chi scrive l'aveva visto e scritto già nel 2017).

 

Fonio sarebbe l'unico candidato al Senato del Mendrisiotto e ne diventerebbe la bandiera trasversale, capace di coalizzare un intero distretto che da troppi anni gli establishment di tutti i principali partiti bistrattano (qualcuno ha capito che il secondo distretto economico del Cantone non ha un uomo in Governo dai tempi del socialista Rossano Bervini, che non è stato rieletto nel lontano 1991, ben 32 anni fa?!?).

 

Secondo punto a favore di Fonio: al secondo turno i voti verdi e socialisti su chi andrebbero? Su Farinelli? Su Chiesa? O su un cristianosociale come Fonio? La risposta è banale. Anche i voti di una candidata al Consiglio degli Stati di Avanti/Ticino Lavoro come Amalia Mirante andrebbero al secondo turno sul mendrisiense Fonio. Probabilmente anche il candidato al Gran consiglio dei comunisti chiassese Marco Ferrazzini voterebbe e farebbe votare il sindacalista Ocst.

 

Fonio sarebbe un candidato "Pride", un candidato dei tanti orgogli. Sarebbe il candidato dell'orgoglio azzurro, che dopo la sconfitta di Lombardi nel 2019 tornerebbe ad avere un rappresentate alla Camera Alta. Sarebbe il candidato dell'orgoglio del Mendrisiotto, troppo sotto-rappresentato politicamente nelle cariche che contano in questo Cantone. Sarebbe il candidato dell'orgoglio di chi non proviene da famiglie blasonate, che da secoli comandano in Ticino e mostrerebbe che in Ticino c'è ancora la speranza di poter arrivare in alto senza un padre, un nonno, uno zio importante. Sarebbe il candidato dell'orgoglio della più importante organizzazione sociale del nostro Cantone (assieme all'Uss), l'Ocst, che con i suoi 50 mila iscritti rappresenta uno dei pochi luoghi della socializzazione della rappresentanza politica e civile e risanerebbe la ferita della non rielezione nel 1991 del "padre" di quel sindacato, alias Camillo Jelmini.

 

Proprio per questo e tanto altro Giorgio Fonio sarebbe il candidato "Pride" per eccellenza in questa tornata elettorale per il Consiglio degli Stati.

 

Certo, Fonio, nonostante le eccellenti votazioni in Gran Consiglio, sia nel 2019, sia nel 2023 (sempre il più votato fra i pipidini), non è amato da una parte consistente del suo partito e in parte anche dell'Ocst. Il granconsigliere del Centro chiassese subisce la grande invidia che tanti hanno nei suoi confronti sia all'interno del sindacato, sia all'interno del partito.

 

Ma Dadò potrebbe avere sufficiente acume politico per capire che il suo partito deve ripetere all'incontrario l'operazione che il Ppd fece nel 1999, quando davanti alla candidatura per il Consiglio degli Stati del Ps Ticino dell'ex consigliere di Stato Pietro Martinelli, appena uscito dall'esecutivo cantonale, si fece ritirare la ciellina, ma molto sociale, Mimi Bonetti Lepori, che guardava a sinistra per raccogliere i voti, mettendo in lista a fine agosto il "giornalista", allora direttore di TeleTicino, Filippo Lombardi, proprio perché quest'ultimo avrebbe avuto più credibilità a raccogliere i voti a destra al secondo turno, sia della Lega che dell’Udc. Elettorato che, avendo il Plrt messo in lista Dick Marty, al secondo turno non avrebbe trovato nessun candidato realmente papabile su cui far convergere i propri voti. Lombardi, che era stato l'uomo della "restaurazione" post Silvano Toppi alla direzione del Giornale del Popolo, piaceva molto all'elettorato di destra, anche liberale, leghista e democentrista. E infatti fu premiato da quell'elettorato, che mal digeriva alla Camera Alta due "sinistroidi" come Marty e Martinelli. Martinelli rimase ad Origlio, mentre Filippo Lombardi, senza un giorno di politica attiva nelle istituzioni, riuscì ad accedere alla carica più prestigiosa, il Consiglio degli Stati.

 

All'incontrario, oggi Fonio potrebbe ripetere la formula. Mobilitare al secondo turno un voto progressista, di centrosinistra, per impedire che il Consiglio degli Stati sia occupato da due "destroidi" come Chiesa e Farinelli. Se poi Fonio prendesse il seggio a Farinelli e non a Chiesa, anche per Dadò si tratterebbe di una vittoria, non solo simbolica, contro il Plrt, e Il Centro diventerebbe il polo aggregante per qualsiasi operazione politica in Ticino che si voglia con un centro politico protagonista, egemonizzando un'area politica, non per nome, ma per vittoria sul campo!

 

 

 

 

a.m.